Parco del Grassano
Il Parco Regionale del Taburno-Camposauro, istituito il 6 novembre 2002 dalla Regione Campania, si estende per 12.370 ettari nella provincia di Benevento e ospita una popolazione di circa 35.000 abitanti. Si tratta di un’area protetta che interessa 14 Comuni: Bonea, Bucciano, Cautano, Frasso Telesino, Moiano, Sant’Agata dei Goti, Solopaca, Tocco Caudio, Vitulano, Melizzano, Montesarchio, Foglianise, Paupisi, e Torrecuso. Il massiccio, che culmina nelle vette del Taburno (m. 1394), Camposauro (m. 1388) e Pentime (m. 1170), si erge con versanti molto scoscesi dalla Valle del Calore, o Valle Telesina, a nord, che lo separa dal Matese, e dalla Valle Caudina a Sud, che lo separa dal Partenio, mentre a levante e a ponente digrada più dolcemente verso due corsi d’acqua minori, lo Jenga e l’Isclero.
La zona “A” del Parco, di riserva naturale integrale, si estende per 4.566 ettari e interessa la parte centrale dell’area protetta, nonché le cime più elevate delle montagne; la zona “B”, di riserva generale, si estende per 4.712 ettari e interessa i piani carsici e le aree pedemontane a ridosso della zona “A”.
La zona “C”, infine, di riserva controllata, si estende per 4.404 ettari e interessa la parte più esterna del territorio del Parco, comprendente le superfici agricole e i centri abitati inclusi nel territorio del parco. Dal punto di vista meteorologico il Taburno-Camposauro è interessato da un regime pluviometrico di tipo appenninico con una quantità di pioggia annua che oscilla dai 900 mm dei fondovalle a circa 1.071 mm per le quote più elevate. Il minimo estivo delle precipitazioni cade nel periodo di luglio-agosto, il massimo coincide invece con il mese di novembre. La temperatura è caratterizzata da inverni generalmente miti, fatta eccezione per le quote più elevate ed estati molto calde. Nato per la tutela del massiccio Taburno-Camposauro, che fa parte dell’Appennino Campano, il Parco offre pregevoli risorse naturali e paesaggistiche in un contesto di notevole interesse storico, culturale e di tradizioni. Visto dal lato est, il profilo del massiccio ricorda quello di una donna sdraiata: è questo il motivo per cui è chiamato anche la Dormiente del Sannio.
Il paesaggio del massiccio è tanto vario quanto affascinante. Un susseguirsi di centri storici, frazioni, casali, antichi eremi e santuari accompagna il visitatore in tutti gli ambienti. Le zone basse sono quasi tutte coltivate, formando uno spettacolare mosaico che cinge completamente il massiccio con vigneti, oliveti, frutteti, orti, che testimoniano la presenza dell’uomo da tempi immemorabili. Man mano che si sale, le coltivazioni lasciano il posto ad estesi boschi di querce, castagni e faggi con una pregiatissima presenza di abeti bianchi nella Foresta Demaniale del Taburno, di origine borbonica, protetta da oltre un secolo e mezzo a tutela delle sorgenti del Fizzo che alimentano l’acquedotto della Reggia di Caserta. Più in alto, imponenti pareti rocciose connotano la natura selvaggia del massiccio: sono il regno dei rapaci che sfruttano le correnti d’aria ascendenti che si formano davanti ad esse.
Infine, le stupende piane carsiche di Camposauro, Trellica, Cepino e Melaino, verdi oasi di tranquillità circondate dai boschi, che assolvono all’importantissima funzione di raccogliere le acque meteoriche e convogliarle nel complesso sistema idrogeologico sotterraneo, fino a sgorgare, abbondanti e purificate, alla base del massiccio. E queste sono le vere risorse che l’Ente Parco, in quanto gestore, tutela e promuove: le acque, immesse nelle più importanti reti idriche regionali; le colture; le rare specie animali e vegetali che trovano rifugio e cibo nei boschi e nei prati; le tradizioni, gli usi e la cultura locale, spesso minacciate di estinzione al pari di specie ed habitat; i sentieri, tracciati e percorsi per necessità fin dai tempi preistorici, ora trasformati in suggestivi inviti al trekking. Il monte Taburno, oltre che di natura selvaggia, è straordinariamente ricco di testimonianze storiche, archeologiche ed architettoniche.
Il territorio è stato abitato fin dai tempi più remoti, ed è stato interessato dai flussi etnici più importanti delle varie epoche. Le prime attestazioni della presenza umana si possono far risalire al periodo paleolitico, quando nuclei di cacciatori e raccoglitori vi giungevano in cerca di risorse. In seguito l’area del Parco fu uno dei principali centri della civiltà sannita, con influenze degli Osci e con frequenti contatti con i centri della colonizzazione greca sul litorale, al quale era collegata attraverso i fiumi Calore e Volturno. Fu teatro delle guerre che opposero i Sanniti a Roma: uno dei più noti episodi di questa lunga lotta fu quello delle Forche Caudine, nel quale i Romani vennero duramente sconfitti e addirittura sbeffeggiati dal nemico. Dalla caduta di Roma, per tutto il Medioevo e fino all’Unità d’Italia, i centri abitati del territorio seguirono le alterne sorti dovute all’avvicendarsi di diverse dominazioni nel corso dei secoli: Longobardi, che impressero una traccia indelebile all’arte e all’architettura dei centri, Bizantini, Normanni, Angioini, spagnoli e francesi.
L’eredità di ciascuno di questi dominatori, che hanno lasciato le tracce della loro presenza e hanno contribuito alla creazione di una cultura con radici profonde e variegate, è particolarmente evidente nelle numerose chiese, castelli e palazzi che compongono il ricco patrimonio storico e culturale dei borghi dell’area. I vari periodi storici segneranno sempre di più l’affermarsi sul Taburno Camposauro, di forme di economia agrosilvopastorale che influiranno in maniera determinante sul paesaggio e sull’uso delle risorse naturali. Per un lungo periodo le zone più impervie del Taburno, sono state dominio incontrastato di banditi e briganti: del fenomeno restano ancora tracce significative.
Il Parco del Taburno Camposauro è una realtà molto complessa, che impone pratiche di gestione e strumenti di governance altrettanto complessi e virtuosi, sia dal punto di vista amministrativo, politico e socio-economico, sia dal punto di vista ambientale. Al fine di garantire lo sviluppo economico-sociale della popolazione del Parco, l’Ente promuove la sperimentazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione sostenibile tra uomo ed ambiente naturale e tali da preservare il patrimonio naturale. L’Ente promuove nuove attività produttive compatibili e salvaguarda i valori culturali tradizionali presenti nelle attività agro-silvo pastorali, nell’artigianato e nell’architettura locale tradizionale.